Il miracolo dell’AIDS

Processo che riconosce la grazia concessa da p. Luigi Scrosoppi a Fr. Peter Cangu Shitima dell’Oratorio di S. Filippo Neri di Oudtshoorn Sud Africa

Il Miracolo 7


GIOVANNI PAOLO II RICONOSCE IL MIRACOLO

Il Miracolo 2

Non sono trascorsi che 18 anni – era il 4 ottobre 1981 – da quando papa Giovanni Paolo II elevò all’onore degli altari il Beato Luigi Scrosoppi, che l’onnipotenza Divina si è nuovamente manifestata, attraverso la sua intercessione, agevolando in tal modo il cammino che lo porterà, questa volta, ad una meta ben più elevata: quella della canonizzazione.

Il caso clinico qui presentato è solo uno dei tanti, forse il più eclatante, tra quelli avvenuti in varie parti d’Europa e del mondo. E’ avvenuto nel lontano Sud Africa, una nazione il cui cattolicesimo è fortemente minoritario.

Le testimonianze

Al processo diocesano svoltosi in quella piccola città, suffraga­nea di Cape Town, negli ultimi mesi del 1998, hanno deposto tredici testimoni. Le loro dichiarazioni sono tutte registrate sul testo della “congregatio de causis sanctorun” e sono tutte definite degne di fede, di prima mano e con una conoscenza molto particolareggiata del caso clinico. I testimoni sono:

  1. Fr. PeterChangu Shitima, protagonista del caso e studente dell’oratorio di S. Filippo Neri di Oudtshoorn
  2. P. David William Dettmer, sacerdote dell’oratorio
  3. P. JohnNewton Johnson, superiore dell’oratorio
  4. Sig.raCarol Williamson, assidua frequentatrice dell’oratorio
  5. Sig.raSusanna Maria Williamson, insegnante
  6. Fr. JohnHenry Boshoff, membro laico dell’oratorio
  7. Sig.raEsther Petronella Taylor, insegnante
  8. Fr. RaphaelMassa, compagno d’infanzia
  9. Sig.raMwewa Theophister Shitima, insegnante sorella di Changu
  10. Sig.raElisabeth Kolver, lavora nell’oratorio
  11. P. PhilipFrederick Vietri, sacerdote dell’oratorio
  12. Dr. JoannesH.J. Le Roux, uno dei sanitari che hanno avuto in cura Changu
  13. Dr. PetrusStefanus du Toit, il principale medico curante

Estratto dei documenti contenuti nella « CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUN » P.N. 497 . I discorsi dei testimoni sono una traduzione fedele delle registrazioni fatte.

 

Il Miracolo 3Fr. Peter Changu Shitima protagonista del caso dichiara: «Stavo bene. Una vita normale come chiunque. Provengo da una famiglia di cinque figli. Mio padre era il preside di una scuola e mia madre era casalinga. La mia famiglia gode di ottima salute. Io stesso sono sempre stato in buona salute».

JohnN. Johnson, il superiore della comunità dell’Oratorio di Qu­ltshoom dichiara: «Quando gli chiedemmo una testimonianza (referenze), ci furono lettere dal suo prete, dai suoi in­segnanti, dalle suore, che dicevano tutte che era un giovane uomo esemplare, persino nella sua infanzia. Ci sembrava un giovane uomo in buona salute. Non era debole, non era malato».

Changu appariva pressoché instancabile nell’espletamento delle sue funzioni: oltre ad aiutare il cuoco Fr. John Boshoff, curava la pulizia della casa e della cappella, faceva catechismo, abbelliva la chiesa per le funzioni particolari; era il primo ad alzarsi la mattina per pregare e l‘ultimo ad andare a letto.

Ma nella primavera del 1996 simili buone condizioni cessarono brus­camente: soffriva il freddo malgrado il bel tempo, cominciò a non vedere e a non sentire più bene, accusava sovente sonnolenza, tanto che dormiva per molte ore del giorno e della notte, suscitando per questo viva preoccupazione nell’ Oratorio.

Il Miracolo 4P. JohnJohnson, il superiore della comunità che aveva accolto Chungu due anni prima, ricorda: «Cominciò a sentirsi debole e a lamentarsi che era stanco. Pensavo che fosse un po’ esaurito, stanco. Poi pensammo che potesse essere un brutto raffreddore o un’influenza. Fu un processo che accelerò.

Fu messo a letto e il dottor Pete du Toit ci disse che doveva andare in ospedale. Era molto debole. Le sue attività includevano l’aiutare nella parrocchia; egli era il sagrestano dell’Oratorio e della Cattedrale. Era insegnante di catechismo. Gli insegnammo ad usare il computer. Fece molto lavoro in casa. Poi all’epoca fu così debole che rimase a letto tutto il tempo.

Debolezza generale, incapacità di muoversi, debolezza fisica, stanchezza. I suoi sensi stavano cedendo, si sforzava per vedere e non riusciva a sentire bene. Trovava dif­ficile concentrarsi con le persone. Fu graduale; ogni giorno divenne sempre più debole. La settimana prima che lo mandassimo all’ospedale, avemmo la sensazione che ci fosse qualcosa di molto grave. Attraverso la debolezza e la stanchezza sembrava che il suo corpo stesse cedendo».
La ricerca della vera malattia che stava aggredendo così violente­mente il fisico di Chungu non tardò ad aver successo, tanto più che nel mag­gio 1996 quelle sue condizioni, già tanto precarie, subirono un’accelerazione così brusca verso il peggio che si cominciò addirittura a temere per la sua vita.

Dr. Pete du Toit, si è così espresso: «Fr. Peter Chungu Shitima è stato visitato da me e dal mio collaboratore, il dottor Le Roux, quotidianamente durante il suo ricovero in ospedale dall’ 8 giugno al 14 agosto 1996. Questo è riscontrato negli appunti ospedalieri allegati.
Lui è stato giudicato malato terminale e data l’opinione che non c’era niente da offrire medicalmente per la sua guarigione, ho consultato un medico, il dottor Foster, che lo ha visitato una sola volta ed ha concluso che era un malato terminale e che medical­mente non avevamo niente da offrire. Fu d’accordo nel rimandarlo in Zambia a passare i suoi ultimi giorni con la sua famiglia. Dopo averlo fatto ricoverare all’ospedale di Oudtshoorn, la mia diagnosi iniziale fu la pielonefrite, un’infezione al rene, ma iniziò a sviluppare anche i sintomi della neu­rite periferica. Tuttavia, i sintomi non erano molto chiari. Ricordando la febbre immoti­vata che aveva avuto nel 1995, gli feci l’esame per l’Aids e i risultati furono positivi.

Quando una persona ha I’Aids, non ha anticorpi e quindi non può combattere alcuna infezione. Inizia a soffrire di altre malattie. La figura primaria da osservare nell’analisi sono le cellule CD4 T. Queste indicano Aids attivo, sono le cellule immunitarie. Ci met­temmo solo una settimana o due a diagnosticare l’Aids. Sapevamo che stava soffrendo a causa della neurite, ma c’era qualcos’altro. Sentiva molto dolore ed era molto debole, il che è tipico della neurite, e sentiva dolore in particolar modo alle dita dei piedi e nelle gambe. Era malato terminale con Aids e presentava la neurite periferica. Certa.

Il nervo periferico nella spina dorsale che provvede ai muscoli, alle funzioni mo­torie e sensoriali, si infetta di virus o di malattie auto immunitarie a un punto che la tra­smissione degli impulsi nervosi viene indebolita. Il paziente soffre di dolore sul lato sen­soriale e il lato motorio perde il potere muscolare. Le sue condizioni deteriorarono rapidamente, in meno di una settimana divenne moribondo, non poteva sollevare quasi le gambe, e aveva sviluppato una grave forma di neurite periferica. Era incapace di stare su nel letto senza assistenza. Era malato termi­nale di Aids. Non c’era niente da offrire.

Dopo aver consultato Padre Johnson, dicendogli che fr. Chungu era malato terminale, fu deciso di mandarlo a casa dalla sua famiglia per le sue ultime settimane. Quando lo feci dimettere, gli dissi esattamente quali fossero le sue condizioni. Lo salutai, dato che non l’avrei più rivisto. Realizzò che stava per morire».

Fr. Chungu, ricorda: «Prima di andare all’ospedale non la presi seriamente, pensavo che mi sarei ripre­so, poi all’ospedale sentii l’impatto. Quando il medico mi disse cosa avevo, fui devastato, ma pensai che dovevo solo pregare e chiedere a Dio la forza e pregai Luigi Scrosoppi e gli dissi che sarei morto o guarito attraverso la sua intercessione a seconda di quello che voleva il Signore. Volevano mettermi una maschera d’ossigeno per allungarmi la vita, ma io dissi di no. Pregai e pensai che se Dio voleva che morissi sarei morto in pace ».

Considerando che la scienza medica non poteva ormai più dare al­cun aiuto a Chungu e che le sue condizioni fisiche, anche a giudicarle solo vi­sivamente, erano arrivate ad un punto di non ritorno, all’improvviso tutto venne ad ammantarsi della luce di una fede purissima, tanto da oscurare ogni considerazione umana. E venne spontaneo a tutta la comunità cattolica di Ou­dtshoom, sia clericale che laicale, riporre ogni fiducia nell’intercessione del Beato Luigi Scrosoppi, sacerdote anch’egli dell’Oratorio di San Filippo Neri, visto che questa era la figura prediletta di Chungu, quella a cui si sentiva più vicino come carisma, quella che, dopo averne studiato la vita, prese a modello delle sue azioni, quella di cui voleva portare anche il nome, per questo deside­rava — e lo desidera tutt’oggi — essere chiamato Fr. Luigi.

Da quel momento, come presero a fare i religiosi membri di quell’oratorio tra di loro, o pubblicamente, come cominciarono a fare i fedeli cattolici di Oudtshoorn, radunandosi tra loro sia in chiesa che in altro luogo, fu tutto un fiorire di preghiere, di novene, di suppliche di ogni tipo elevate al Beato Luigi Scrosoppi, l’unica potenza celeste davvero invocata ad hoc.
Mentre continuavano ad essere incessanti e corali le preghiere che si elevavano al Beato Luigi Scrosoppi affinché intercedesse in un caso tanto disperato, all’improvviso si produsse l’evento soprannaturale. È im­possibile non notare il nesso di causalità tra invocazione e guarigione, vi­sto che tutto accadde in modo rapidissimo: la sera del 9 ottobre 1996 Chungu si coricò nelle sue solite e penose condizioni, ma almattino del 10 si svegliò sentendosi straordinariamente bene e, cosa che lega ancor più l’evento all’intercessione del Beato, risulta che Chungu in quella notte lo aveva sognato ed aveva ricevuto da lui un segno ben preciso.

Il Miracolo 5Venendo alle testimonianze processuali che confermano quanto fin qui detto, vediamo che Fr. Chungu Shitima ricorda la sua improvvisa gua­rigione nel modo seguente: «Sì, intorno al nove o il dieci d’ottobre. Nel sogno Padre David e altre persone venivano a svegliarmi per dirmi che stavano incoronando il Beato. Il giorno prima del sogno stavo male e volevo uscire, ma mia sorella non me lo permise e mi diede il meda­glione perché lo tenessi in mano mentre dormivo. Mi disse di avere pazienza e di pregare, e di non uscire. Il giorno dopo il sogno, mi sentii bene, mi svegliai come al mio solito prima che mi ammalassi. Mi al­zai a lavorare nella parrocchia immediatamente. Dall’ottobre in poi migliorai. Avevo appetito, camminavo a piedi fino in paese ch’è molto distante. Mia so­rella era presente e disse che sapeva che le preghiere al Beato Luigi Scrosoppi sarebbero state utili. Era così improvviso ed istantaneo,  perché tutto cambiò. Sì, non si aspettavano la mia guarigione».

Il Miracolo 6La sorella Mwewa, che lo assisteva e dormiva vicino a Chungu, si accorse al mat­tino dell’improvvisa guarigione del fratello ed ha poi così deposto: «Sì, non ricordo le date, fu in ottobre. Vide quell’uomo, il Beato Luigi Scrosoppi e padre David e se stesso che stavano incoronando il Beato Luigi. Sì, infatti quel giorno era gravemente malato. Diceva che avrebbe voluto lavorare per Dio, ma che ora stava morendo. Stava in condizioni critiche, gli dissi che doveva accettare qualunque cosa volesse Dio, perché è misericordioso e perdona. Prima di andare a dormire dicemmo il rosario e poi si ad­dormentò ed io mi addormentai sulla sedia accanto. Il martino, quando si svegliò, mi disse che aveva sognato che il Beato era stato incoronato. Io gli dissi che ora si sarebbe sentito bene perché aveva sognato quell’uomo e quindi Dio lo aveva guarito. Da quel giorno in poi stette bene e camminammo fino in città e ritornammo a piedi. Fu in ottobre.

Poteva mangiare tutto quello che voleva. Poteva andare da solo in bagno. Potevo lasciarlo da solo per andare a lavorare. Era in grado di camminare, persino da Kamu­changa fino in città, senza prendere un minibus, senza stancarsi. Andava a pregare, a tro­vare i giovani. Io ero presente. Solo per ringraziare Dio. Fu qualcosa di miracoloso. Fu un miracolo, non ci aspettammo mai che guarisse. Sì, fu una sorpresa, perché nello stato in cui era, stavamo solo aspettando il momento per salutarlo, ma all’improvviso cambiò tutto. Anche tutte le persone della comunità, i cattolici, furono sorpresi».

Desiderando tornare al più presto ad Oudtshoorn, Chungu avvisò per lettera P. Johnson della sua istantanea guarigione: «Gli scrissi una lettera per dirgli che ero guarito e che volevo tornare. Non diedi molte spiegazioni, dissi solo che stavo bene. Padre Johnson diffuse la notizia, ma non so cosa disse o dove. Mi disse al telefono che la gente era felice e che non vedeva l’ora di rivedermi».

Grande fu la sorpresa di tutta la comunità dell’Oratorio.

Anche tra i sanitari che hanno direttamente seguito l’evolversi della malattia, c’è piena convinzione che il recupero fisico di Chungu sia scientificamente inspiegabile. A tal proposito invitiamo a tener ben presente l’ampia disponibilità dei dottori Le Roux e du Toit nel parlare in termini di vero e proprio miracolo, se poi consideriamo che nessuno dei due è cattolico e che vantano un’esperienza in materia che solo medici africani possono avere, non si esagera nel dire che i loro giudizi sono difficilmente oppugnabili.

Il Dr. Johannes Le Roux afferma: «Vediamo spesso pazienti che, nella nostra opinione, dovrebbero morire e non muoiono ed altri che non sono così malati che muoiono. Credo, anche, che ci sia certa­mente un Dio che si occupa di queste cose. Non lo attribuirei ad una guarigione scientifi­ca. La chiamiamo remissione del cancro o dell’Aids, ma non si può sempre spiegare scientificamente. Direi di sì, era critico, malato terminale, e dopo un paio di mesi era evidentemente sano di nuovo.

Se c’è una ragione completamente diversa per la neurite, allora si può guarire. La neurite non era la sola cosa che aveva, c’era perdita di peso di circa 22 Kg, febbre ed altre disfunzioni. Le analisi del sangue dimostrano ch’è ancora HIV positivo, ma è mia opinione, che sia un miracolo; pensavamo stesse per morire, ad essere franchi, ed ora sta di nuovo bene».

Il Dr. Pete du Toit ha così deposto: «Il semplice fatto era che lo avevo mandato via perché era terminale ed è tornato come una persona che scoppia di salute. Oggi è un uomo in buona salute. Il fatto che ab­bia l’Aids è un’altra cosa. Le sue condizioni generali oggi sono buone e quando era par­tito era invece malato terminale. Qualcosa d’inesplicabile è accaduto perché lo abbiamo mandato via senza medicine, dato che non pensavamo che ci fossero terapie che potesse­ro curarlo, ed è tornato sano.

Sì, credo che si possa avere un recupero fino ad un certo punto. Non so il grado del recupero che può avvenire con la neurite periferica e l’Aids. Il punto è che le sue condizioni generali erano quelle di un uomo malato terminale. E abba­stanza notevolmente.

Non credo ci sia alcun dubbio da parte nostra che qualcosa di straordinario sia accaduto. Sulla natura della cosa, si può discutere, ma, per quanto ci riguarda, medicalmente qualcosa di straordinario è accaduto.

Alcuni mesi dopo, quando qualcuno mi disse che Chungu stava meglio, dissi a me stesso che non poteva essere possibile. Ero stupefatto. Pensai che sicuramente c’era stata una incomprensione. Quando tornò effettivamente, gli chiesi di venire a fa­re degli esami. Gli feci di nuovo le analisi del sangue a febbraio e a marzo dopo il suo ritorno. Fui stupefatto. Chungu era guarito dalla malattia, dalla neurite che lo stava uc­cidendo a causa dell’Aids. Non posso spiegare questo in modo scientifico. Non si dice a un paziente che deve morire, se c’è speranza. Come medico, non posso mandare un uomo a casa a morire se c’è un minimo dubbio. Chungu è stato un vero esempio di guarigione miracolosa».